Vivere e morire, unico sentiero - Testimonianza/Riflessione




Avevo 33 anni quando, a seguito di un intervento chirurgico, ho vissuto un’esperienza di pre-morte. E’ stata un incontro con l’aldilà che ha aperto il mio essere, la mia mente ad una visione nuova proiettandomi in una conoscenza a dir poco sconvolgente. 

Ancora non si parlava di certi argomenti spirituali e la morte era un tabù culturale molto diffuso, non se ne parlava proprio, non si pronunciava nemmeno il suo nome. In quell’esperienza di confine ho potuto sperimentare che lo stato di coscienza non si era mai interrotto, stavo vivendo una condizione vigile e presente di coscienza. 


Mi svegliai dall’anestesia che ero ancora intubata, avvertivo dolori acuti, laceranti nel corpo. Non comunicavo, ma sentivo. I medici su di me si prodigavano per non perdermi. Poi scivolai via leggera, accorgendomi che non sentivo più dolore, solo voci insistenti che mi incitavano a respirare. Pensavo che stavo bene e avrei voluto tranquillizzarli, non vi preoccupate! 


Intanto mi sentivo andare via, totalmente avvolta in un grande senso di Pace. Un dolce, intimo, profondo stato di Pace. Circondata dal buio, mi spostavo attratta da una luce meravigliosamente bella, irradiante che illuminava la fine del tunnel in cui mi trovavo. Avrei voluto raggiungerla, seguire quel beatificante invitante richiamo di luce dorata, farmi avvolgere completamente.


Poi una voce dentro di me mi disse che non era tempo di lasciare il corpo, non ancora. Bastò quel sentire, quel pensiero che scivolai via, lontano.

Mi svegliai sul letto d'ospedale udendo delle voci preoccupate che si chiedevano perché avessi il volto gonfio, qualcuno rispose - è stata a lungo sotto ossigeno -. 


Ho avuto bisogno di molto tempo per comprendere pienamente il significato più profondo del dono ricevuto in quell'esperienza.

In quel viaggio di confine verso l'aldilà ho potuto sperimentare che la morte non è la fine della vita, che non ci sono tante vite ma una sola continua ed eterna, per sempre. Che questo corpo che ci portiamo addosso segue la legge della vita terrena ma ciò che esso contiene è per sempre.

 

Dal risveglio della mia coscienza ho compreso che siamo parte di Dio, che siamo eterni. Vivere e morire sono aspetti complementari e fondanti di un unico sentiero. Sembrerebbero essere due aspetti opposti, in realtà sono aspetti della stessa natura di cui siamo parte in questo Universo. 


Essere vivi, in vita: è un processo continuo di energia in movimento e trasformazione, in cui la materia si modifica sollecitata dall’energia che riceviamo attraverso il respiro (prana) e il nutrimento, non solo fisico ma anche mentale (pensieri) ed emozionale. 

Nella mutevolezza delle condizioni e dell’energia del processo vitale, lo stato di coscienza, se risvegliato, è sempre presente e ci accompagnerà nel nostro cammino. 


Essere vivi è essere colmi di spirito (energia) che vibra e interagisce nell’ambiente circostante. Integrare la morte dentro di noi come un processo di trasformazione e passaggio ad altra dimensione significa integrarsi alla vita, in fondo moriamo ogni giorno lasciando qualcosa e nasciamo ogni nuovo giorno a nuova vita con nuove intuizioni, nuovi progetti e nuove consapevolezze. 


Essere nel presente è essere vivi; stare nel passato è essere morti dato che il passato non esiste più, quindi è morto. Accettare la morte come un cambiamento è accettare la vita come un rinnovamento. Il nostro stesso corpo ogni giorno lascia morire milioni di cellule e altrettante nascono infondendo nuova vita da nuova energia. 


Tutti i nostri apparati e sistemi si rinnovano, lo stesso scheletro che sembrerebbe solido e stabile, dopo circa tre mesi è completamente rinnovato. Una potente forza è in grado di rigenerarci nel cambiamento, nella trasformazione, questo potere sta nel pensiero. Noi siamo ciò che pensiamo e le convinzioni sono le pietre miliari di tutto il nostro essere. Non è possibile scindere il corpo da mente, emozioni e spirito. Siamo uno. 



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