Ricordo vividamente quel momento, ero una giovane mamma quando un intervento chirurgico mi condusse al confine tra la vita e la morte. Fu un tuffo nella Luce e nella mia coscienza che mi proiettò in una dimensione a dir poco stupefacente.
In quegli anni, un silenzio quasi sacrilego avvolgeva certi argomenti spirituali, e la morte era un tabù culturale così radicato che il suo stesso nome sembrava impronunciabile.
In quell’esperienza di confine ho potuto sperimentare che lo stato di coscienza non si era mai interrotto: stavo vivendo una condizione vivida di presenza.
Mi svegliai dall’anestesia che ero ancora intubata, e il corpo mi urlava di dolori acuti, laceranti. Non potevo comunicare, ma udivo. I medici su di me si prodigavano per non perdermi. Poi scivolai via leggera, accorgendomi che non sentivo più dolore, solo voci insistenti che mi incitavano a respirare. Avrei voluto tranquillizzarli: "Non vi preoccupate, sto bene!"
Intanto mi sentivo andare via, totalmente avvolta in un grande senso di Pace. Un dolce, intimo, profondo stato di Pace. Circondata dal buio, mi spostavo attratta da una luce meravigliosamente bella, irradiante, che illuminava la fine del tunnel in cui mi trovavo. Volevo raggiungerla, seguire quel beatificante invitante richiamo di luce dorata, farmi avvolgere completamente.
Ma una voce dentro di me mi disse che non era tempo di lasciare il corpo, non ancora. Bastò quel sentire, quel pensiero a condurmi via. Mi svegliai sul letto d'ospedale udendo delle voci preoccupate che si chiedevano perché avessi il volto gonfio, qualcuno rispose: "E' stata a lungo sotto ossigeno."
Ho avuto bisogno di molto tempo per comprendere appieno il significato più profondo del dono ricevuto in quell'esperienza di confine. La mia percezione della vita era cambiata e anche il modo in cui la leggevo e vivevo era nuovo. Avevo acquisito una rinnovata gratitudine e consapevolezza. Osservavo in me un crescente distacco dalle cose materiali mentre sviluppavo interesse per l'essenza della vita e il significato della morte. Inoltre una chiara e intima percezione di avere un compito nella vita terrena si era impadronita di me.
In quel viaggio di confine verso l'aldilà ho potuto cogliere che la morte non è la fine della vita, che non ci sono tante vite ma una sola, che continua in più dimensioni, per sempre. Questo corpo che ci portiamo addosso, a me piace chiamarlo Tempio, segue la legge della vita terrena, ma Ciò che esso contiene è eterno.
Dal risveglio della mia coscienza compresi che siamo scintilla del divino rivestiti di un corpo. Vivere e morire sono aspetti complementari e fondanti di un unico sentiero. Anche se sembrerebbero essere due opposti, in realtà sono facce della stessa natura di cui siamo parte in questo Universo.
Essere vivi, in vita, è essere parte di un flusso continuo di energia in movimento e trasformazione. La materia si modifica, sollecitata dall’energia che riceviamo attraverso il respiro consapevole (prana) e il nutrimento, non solo fisico, ma anche mentale ed emozionale.
Essere vivi è essere colmi di spirito che vibra e interagisce con l’ambiente circostante. Integrare la morte dentro di noi come un processo di trasformazione e passaggio ad altra dimensione significa unirsi pienamente alla vita. In fondo, moriamo ogni giorno lasciando andare qualcosa e nasciamo ogni nuovo giorno a nuova vita con nuove intuizioni, nuovi progetti e nuove consapevolezze.
Essere nella presenza è essere vivi. Accettare la morte come un cambiamento è accogliere la vita come un rinnovamento. Il nostro stesso corpo ogni giorno lascia morire milioni di cellule e altrettante ne nascono, infondendo nuova vita da nuova energia. Tutti i nostri apparati e sistemi si rinnovano. Lo stesso scheletro che sembrerebbe solido e stabile, è completamente rigenerato dopo alcuni mesi.
In questo unico sentiero del vivere e morire, la consapevolezza del presente è la vera essenza della vita, un perpetuo rinnovamento alimentato dal potere del nostro stesso pensiero. Non è possibile scindere il corpo da mente, emozioni e spirito. Siamo un'unica entità.
fotografia dal mio stare a Cefalonia, Grecia
E’ possibile auto guarirsi? Il seguito al prossimo articolo/riflessione:
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