La bellezza salverà l'umanità? - Racconto/Riflessione -


La bellezza salverà l'umanità?

Non possiamo considerare la bellezza come fosse indipendente dalle cose attorno a noi perché la bellezza non è solo un fattore estetico ma una dolce armoniosa nota che arriva al nostro cuore. Il senso del bello ispira il processo d'espansione della nostra coscienza ma fintanto che il potere di comprensione sarà limitato rimarrà la divisione tra bello e brutto.

La ristrettezza di visione ci fa separare il bello e il brutto. 
Il brutto esiste nella vita e nell'arte come espressione distorta prodotta dalle nostre limitate conoscenze e dai condizionamenti fuorvianti di ciò che è la bellezza. Il brutto è disarmonia, il bello è espressione d'armonia che regna ovunque nell'universo.

Quando riusciamo a considerare le cose senza giudicarle in base alle nostre idee allora possiamo avere la giusta visione di bellezza esistente in ogni oggetto o sua espressione. Comprendere trascendendo i nostri parametri di bello e brutto per scoprire in ogni cosa la bellezza di verità, la sua natura più intima e vera.

La coscienza dell'armonia è espressione dell'anima e così l'espressione del bello trova la sua via nell'amore verso l'Infinito. La comprensione del mondo intero è nell'amore. Dobbiamo evolverci nel cuore ed è lì che possiamo penetrare nell'intimità delle cose liberi da ogni contaminazione per riempirci di bellezza e di amore.

La musica è la forma più pura d'arte ed è la più diretta espressione di bellezza che riesce a far vibrare di gioia ogni nostro atomo. Tutto nella creazione è musica. Una notte stellata e le infinite costellazioni nel cielo. Il canto animoso e laborioso delle rondini che all'alba hanno costruito un nido tra i vetri colorati della mia porta d'ingresso, o al tramonto quando giocano a rincorrersi tra i fili sospesi del parasole sopra il patio rifugiandosi in cucina sopra la madia.
La pioggia scrosciante delle notti primaverili canta e danza tra le folate di vento rimbalzando sui vetri delle finestre in un dolce ritmo cullando il mio sonno.

A saperla cogliere la bellezza è ovunque, basta aprire il nostro cuore.

foto: incontro pieno di vibrante poesia nella casa in cui ero ospite. Amanoashidate, Giappone



E poi ci sono i cieli..

Scappata come una fuorilegge con Freya che si rallegrava del percorso inusuale.
Tanta voglia di cieli, di spazio, di vento e di sguardo che si perde all'orizzonte..


foto: Veje de la Frontera (by Iphone)

Il viaggio dell'anima spinge all'azione - Racconto/Riflessione -



Le lunghe passeggiate sulla spiaggia deserta in riva a l'oceano, la gioia della luce abbacinante del sole, la gioia del vento libero che mi trapassa rendendo la mia mente fresca e leggera, si fonde con la gioia della vita in un'unica armonia sia nel mio mondo interiore che in quello esteriore. Così la comprensione dell'Infinito è legata al mondo dell'attività, la vita e l'attività sono inseparabilmente connesse tra loro.

Tutto il nostro corpo è in continua attività delle sue funzioni interne, i battiti del cuore non si fermano mai così come l'attività del cervello o dello stomaco, così esteriormente la vita ci spinge a una perenne danza di azioni, l'energia ci sprona ad agire, la vita interiore ci porta a manifestarci esteriormente.

Anche il viaggio dell'anima non può rimanere nelle idee o nel sentire e necessita espressione continua all'esterno, ha bisogno di dedicarsi all'azione, deve dare. 

Nella nostra cultura occidentale siamo propensi al fare, al produrre, tanto che spesso accade diventi una frenesia di potere. Invadere e prendere ogni cosa con una ostinazione al fare sempre di più, senza ascolto alla coscienza interiore,  frequentemente senza moralità. 

La via spirituale invece è equilibrata nell'armonia di relazione tra il dentro e il fuori. Se il nostro agire nasce da una spinta interiore come la gioia, l'entusiasmo, la passione, ne risulterà un'opera consacrata all'Infinito, morale giusta e libera e non avvertiremo la stanchezza del lavoro.

L'anima anela alla libertà. La ricerca è la verità, ciò che è giusto, così l'anima esprimerà se stessa con forza, fermezza e gioia. E' così che si trova la connessione con il Tutto, con l'Infinito.

Appartati nella nostra solitudine proviamo a riflettere su questo grande mondo umano, quest'eterno sforzo dell'uomo che si fa strada da sempre tra immensi dolori e grandi gioie. Ognuno di noi può dare espressione all'Infinito nei grandi e piccoli atti quotidiani, nella bellezza e nell'ordine, nelle azioni buone e giuste, nel lavoro che porti beneficio per sé e per il prossimo.

Qualora sia lo spirito di bontà e amore che ci spinge all'azione, tutte le nostre attività saranno intrise di gioia, che irradierà dal nostro sguardo e da tutto il nostro essere. Quest'energia o spirito, come lo si voglia chiamare, è quello per il quale i bisogni del prossimo ci sembrano importanti come i nostri. Quando agiamo sotto questo impulso inevitabilmente l'attività sarà rivolta al bene che si tramuterà in una chiara soddisfazione della propria anima.

Dobbiamo sempre più attingere all'amore universale, amare intensamente la vita  con le sue gioie e i suoi dolori, i suoi successi e le sue cadute. Possiamo vivere la pienezza della vita mostrando di saper dare come saper ricevere.

L'essere umano che segua la spinta della propria anima alla manifestazione di sé 
esteriormente attingendo alle diverse qualità come la bontà e la bellezza nella riuscita delle sue attività, del suo lavoro, si riconoscerà più grande e la conoscenza di sé sarà più vasta.

Noi attraversiamo l'Infinito ad ogni passo perché la realtà è l'Infinito con le sue infinite possibilità, a noi scegliere la schiavitù di un potere avido ed egoista o la libertà dettata dall'anima.

foto: bambina a pesca col nonno al villaggio di pescatori Ine, nella prefettura di Kioto - Giappone
https://marinamagro.blogspot.com/p/giappone-ine.html

Torneremo a danzare la vita - Racconto -




Sbircio verso la finestra della camera e cogliendo le prime luci del nuovo giorno penso a quanto bello sarebbe avvolgersi in un abbraccio caldo e morbido. 

Dai vieni che ti prendo! Aspettavo un pò china mio figlio bambino che correva verso di me per lanciarsi  tra le mie braccia aperte pronte a sorreggerlo, lo prendevo al volo e roteando felici nella stanza lui mi avvolgeva con tutto se stesso. Un contatto intenso fiducioso e pieno d'amore.

Quanto importanti sono gli abbracci! Nel bambino infondono sicurezza di sé, presenza piena e fiducia, ci sono, esisto. 
Da adulti ne riceviamo molti meno perché tendenzialmente viviamo di più nella sfera mentale ancora di più in questo periodo triste e doloroso in cui mezzo mondo si trova prigioniero in casa senza contatti con gli amici o i familiari lontani.

Proprio perché viviamo tutti la stessa condizione di isolamento forzato le relazioni diventano una necessità ed ecco che gli amici usando la rete si possono re-incontrare. Si la rete. Un grande abbraccio virtuale dove le parole sostituiscono le braccia e i sorrisi.

La rete è pazzesca, è magica, può arricchire la nostra vita se usata con discernimento. In questo lungo periodo di costrizione alla solitudine molti amici lontani di cui avevo perduto le tracce sono tornati a risvegliare nel mio cuore esperienze passate cariche di emozioni forti e dolci e a ricordarmi che siamo sempre in contatto reciproco.

Come in una grande maglia tessuta d'incontri che danno senso al nostro camminare nella vita, veniamo ogni volta nutriti e trasformati dall'energia stessa delle relazioni, dall'intensità e dalla passione con cui le viviamo, da quanto ci apriamo ad accoglierle. Ciò che si genera nell'incontro prende sostanza nel nostro essere che inevitabilmente poi non sarà più lo stesso di prima ma avrà in sé maggior pienezza e nuova forza.

Questo tempo di restrizione e di silenzio può diventare un'opportunità per rivedere relazioni sospese, per comunicare il nostro affetto, la nostra presenza. Le parole possono creare il contatto che tanto ci manca in questo momento. Presto torneremo ad abbracciarci ancora e a danzare insieme la vita.

foto: Nepal- Baktapur danze per il Dashain

Nati liberi - Racconto




Se ne stava seduto sopra un cuscino a gambe incrociate dentro il suo kurta-pajama bianco e giallo, gli occhi vivaci e acquosi e quel sorriso bianco ottico così contrastante sulla pelle color cuoio, aspettando il nostro silenzio poi, dopo qualche minuto, inizia col raccontarci una storia: 

- C'era un uomo che abitava in un villaggio dell'India, aveva un campo di banani che coltivava con amore per poi vendere al mercato la frutta matura e questo gli permetteva di approvvigionare quanto gli bastava per mantenere la sua famiglia. 

Un giorno arriva al villaggio un giornalista curioso che dopo aver osservato a lungo il contadino al lavoro nel mercato gli si avvicina per fargli una domanda: - Sei contento del lavoro che fai? 
Certo - gli risponde l'uomo e continua - si ho un campo con tanti banani che mi danno tanti frutti da vendere e così riesco a mantenere la mia famiglia. Mi da gioia vedere come le mie piante fioriscono e i loro frutti maturi sono davvero buoni. La mia vita è semplice ma non mi manca nulla di cui ho bisogno, né per me né per la mia famiglia. -  
Il giornalista insistente gli chiede : - ma se tu avessi un altro campo di banane e potessi così guadagnare il doppio cosa faresti?

Il medico indiano insegnante di Ayurveda era nella nostra classe di operatori con alcuni medici presenti per un suo intervento specifico e nessuno si aspettava un preludio così. Eravamo tutti incuriositi e silenti sorridevamo aspettando continuasse il racconto, già qui avevo intuito dove volesse andare a parare e mi divertiva un sacco il suo modo  di interloquire pulito semplice e diretto, come solo i bambini fanno.

E così continua: - il contadino dopo averci pensato un attimo risponde: - Se avessi un altro campo di banani potrei poi vendere i frutti nel mercato del villaggio vicino! - 
Il giornalista non contento continua: - E se avessi tanti, tanti altri campi di banane? -
Il contadino sorridente risponde: - Se fosse così potrei iniziare la vendita in un'altra città, avrei bisogno di aprire un ufficio che mi svolgesse la parte commerciale e mi organizzasse la distribuzione.-
- Diventeresti ricco,- insisteva il giornalista - e poi cosa faresti per far prosperare ancora la tua attività? 
- Magari potrei aprire un ufficio di esportazione in capitale - continuava il contadino sorridendo a questa eventualità.
- E poi cosa faresti con tanto denaro? insisteva il giornalista.
- Investirei in borsa - risponde il buon contadino.
- E poi? il giornalista non si accontentava.
- E poi con tanti soldi, stanco di tanto lavoro e magari vecchio finalmente potrei lasciare tutto per prendermi una piccola casa semplice in un villaggio come questo con un piccolo campo da coltivare.

Il medico indiano se ne stava sorridente dentro il suo comodo e fresco kurta-pajama bianco e giallo a guardarci ridere e commentare. Poi il silenzio e tanti sorrisi di gratitudine riempirono l'aula prima della lezione di Ayurveda, una sulla vita l'avevamo già interiorizzata.

A questa storiella penso spesso quando guardo il mondo fuori dalla finestra; quanto agire inutile frenetico ansioso per fare sempre di più e sempre più veloce, la legge della competitività e quella del consumo ce lo impongono.

Le quattro leggi cosmiche vediche dell'Ayurveda ci vengono incontro per spiegarci brevemente e profondamente il senso della vita, riportarci nella giusta direzione e orientarci nel cammino della vita. Sono i pilastri che costituiscono l'architettura di un percorso di crescita dell'essere umano.

Dharma, Artha, Kama e Moksa sono le leggi o scopi che trovano la loro origine nelle antiche scritture vediche. Esse rappresentano i punti fondamentali dell'intero universo. Il cosmo è come l'essere umano, strutturato con leggi e desideri come quelli che noi sperimentiamo nella nostra vita. Siamo microcosmi all'interno di un macrocosmo.

Dharma è il primo scopo o la prima legge che tradotta dal sanscrito assume questo significato: 'L'ordine cosmico a cui tutto si rifà', che sono i principi etici e morali. Quindi l'input è: costruisci, fai ciò che è giusto, dai un ordine alle cose, mettiti a disposizione della vita.

Artha significa 'abilità e utilità per la vita' (è il lavoro); che tu possa con le tue giuste azioni acquisire prosperità abbondanza successo e benessere non solo per te stesso ma per l'intero creato.

Kama è il piacere l'amore l'emozione; godi la vita, ama, gioisci. E' il piacere dei sensi, della bellezza, dell'amicizia, dell'intimità. Vivi con passione. In fondo le passioni governano le nostre azioni più belle.

Moksa è la liberazione, l'elevazione spirituale; è un raggiungimento, è la nostra natura. Dopo che abbiamo vissuto pienamente le leggi precedenti arriva il momento di lasciare andare tutto quello che produce attaccamento a cose, a convinzioni, a sofferenze. Non ne hai più bisogno, lo spirito necessita di leggerezza e libertà. 

La vita è un dono meraviglioso, ognuno di noi può guardare se stesso nelle proprie relazioni, nelle proprie passioni, sulla propria interazione col mondo, non scordando che siamo nati liberi e liberi dovremmo ritrovarci alla fine di questo cammino di vita.



foto: 2007 India durante il servizio in un orfanotrofio in cui praticavo massaggi ayurvedici (e non solo) ai bimbi piccolissimi.








pueblos blancos andalusi e los bandoleros tra storia e leggende - Racconto

Tipicamente andalusi sono i pueblos blancos  un richiamo culturale artistico e architettonico particolare che veicola un turismo non ancora di massa e sopratutto spagnolo. In effetti in questi villaggi o piccole città che troviamo da la Sierra Morena, la Serranìa de Ronda e la Sierra de Cadiz fino giù lungo la costa dell'oceano Atlantico e del Mediterraneo da Cadiz a  Màlaga si usa ancora oggi dipingere le pareti esterne delle case con la calce per schermare e proteggere dai raggi solari che in questa regione sono particolarmente ardenti. 

Le piccole case vengono poi abbellite con molti fiori colorati in vasi di terracotta appesi alle pareti esterne o all'interno del patio che può essere comune ad altre casette o privato. Altri vasi di piante e fiori adornano il suolo sia esterno all'abitazione che all'interno del patio creando così un suggestivo contrasto tra il bianco abbacinante dei muri a calce e la luce intensa, il blu brillante del cielo e il verde delle colline circostanti.

I villaggi bianchi sono molto antichi e portano una forte impronta araba lo si vede dalle strette tortuose e ripide calle acciottolate del casco antiguo. In molti di loro si possono ancora ammirare castelli moreschi e chiese gotiche spesso con originali portoni in legno intagliato e ferro.

Vejer de la Frontera, il villaggio in cui vivo, è adagiato sopra una collina a dieci chilometri dall'Atlantico e quando passeggio su e giù nel dedalo di vicoli della parte più antica mi piace perdermi ascoltando il vento che mi libera la testa da qualsiasi pensiero e lo stupore mi coglie ogni volta che dalle finestre naturali tra le case lo sguardo scende tra verdi colline e valli fino all'oceano. 

Nelle passeggiate con Freya la mia pelosa mi sono accorta camminando in un passaggio stretto e ripido tra una due calle che sotto i ciottoli si sente un vuoto, lo avvertivo dal tonfo sordo dei miei passi per scoprire successivamente che esiste davvero una grande grotta sotto il villaggio che da Vejer si estende fino alla frazione in pianura di La Barca. Si dice che il sottosuolo di Vejer nasconda una moltitudine di arterie e passaggi che nel corso degli anni sono caduti nell'oblio. Per questo motivo si deve parlare con le persone anziane quelle che conservano le leggende di tutte le grotte trovate nella città.

Sembra che l'uscita della grande grotta a La Barca venisse usata dai bandoleros come via di fuga. Si perché altra storia curiosa di cui poco viene tramandato oggi ma che ha evocato un immaginario molto forte e romantico con racconti e canti nel periodo storico tra il 1700 e il 1800 sono proprio queste figure di briganti che scorrazzavano in Andalusia.


Anche se il brigantaggio come fenomeno non può essere ridotto a una certa epoca storica, né può essere localizzato in determinate aree geografiche dato che è legato all'inizio dell'umanità e in particolare all'oppressione e al malcontento sociale ma saranno il XVIII e il XIX secolo che vedranno il brigantaggio nella sua fase più significativa.

Proprio in questi secoli sono nati i briganti più noti e ancora ricordati dal popolo andaluso. Sono stati pubblicati molti romanzi sulle loro vite e avventure, romanzi picareschi, romanzi storici, piccoli drammi, incisioni e litografie e una moltitudine di documenti sono un piccolo patrimonio culturale.

Il bandolero era un combattente per le cause ingiuste e per l'oppressione sociale e politica sostenendo ciò che i romantici trasferivano attraverso leggende e storie vere al di fuori della Spagna e rendevano il brigante una figura idealizzata.

Lo spirito del brigante era generoso e caritatevole, rubava spietatamente i ricchi dando generosamente ai poveri diventando così un vero benefattore e protettore delle aree rurali più colpite dalla povertà e a volte dalla carestia. Eseguiva un atto vile con un tratto insolito di nobiltà. Uccideva brutalmente ma proteggeva la vita di chi era indifeso con un senso alto di giustizia. 

Los bandoleros più noti sono ancora ricordati dal popolo andaluso, uno di questi è Diego Corrente Mateos che diventò una leggenda popolare grazie alla generosità nei confronti dei più poveri. Rubava a i ricchi e distribuiva ai più poveri in questo modo era diventato molto popolare e stimato dai più. Nel 1780 il re CarloIII ordinò la sua cattura offrendo cento pezzi d'oro a chiunque lo consegnasse vivo o morto. Riuscì a fuggire in Portogallo  ma lì fu catturato e trasferito Siviglia dove fu processato e condannato a morte per impiccagione. Più tardi il suo cadavere fu smembrato, come era usanza, e parti del suo corpo furono mandate in ciascuna delle provincie in cui aveva agito. La sua testa fu lasciata a Siviglia per essere sepolta nella chiesa di San Roque, dove fu ritrovata nel ventesimo secolo durante i lavori di restauro del tempio con un gancio inchiodato al cranio. 
Altro bandolero famoso in Andalusia è stato José Maria el Tempranillo
Nato a Lucena nell'attuale provincia di Cordova da Juan e Maria due lavoratori a giornata di famiglia povera. Fin da giovane deve lavorare  insieme ai genitori rinunciando allo studio. A soli quindici anni inizia la sua vita da brigante dopo aver commesso un omicidio. Si narra che fosse innamorato di Clara una ragazza del suo villaggio e che durante una festa un uomo adulto importunasse Clara tanto che José lo affronta a duello combattendo con un rasoio e lasciandolo vittorioso ma costretto alla fuga per non venire impiccato. Dopo aver rubato un cavallo si avventura su la Sierranìa de Ronda per sopravvivere.

A diciotto anni è un esperto di assolto alle carrozze, il territorio impervio della sierra era favorevole come l'assenza di strade. El Tempranillo era noto come il buon brigante poiché distribuiva più denaro ai suoi compagni che a se stesso o aiutava i poveri e in cambio di un rifugio ripagava con tanto denaro il villaggio o la città che l'ospitava. Era gentile con le donne che derubava. Aveva una specie di servizio di spionaggio in tutti i villaggi de la Sierranìa dove la gente gli riferiva dei movimenti degli uomini del re. Molti eroi della guerra d'indipendenza si unirono lui, si narra di cinquanta uomini.

Scrittori e artisti romantici hanno raccontato le leggende dei briganti sempre strettamente legate al territorio andaluso. Dopo la guerra d'indipendenza si narrava di guerriglieri che vagavano per le montagne assaltando e derubando i viandanti.

La fine del brigantaggio andaluso avvenne alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX secolo in parte per l'invenzione del telegrafo e della ferrovia e per la pressione che la Guardia Civile esercitò sui briganti.

La Ruta de los banboleros y la Ruta del Tempranillo sono rotte di cammino  che percorrono i luoghi dei briganti andalusi, la prima è nota come un percorso sulle piste ciclabili che corrono da Vejer de la Frontera verso Tarifa seguendo la costa oceanica e la seconda lungo i vari villaggi della sierra che ha visto le gesta del Tempranillo.

La mia vicina di casa ha 103 anni, forse è la più vecchia del villaggio, ancora bella dritta nonostante un ginocchio con l'artrite di cui si lamenta, ha lo sguardo vivace ed è curiosa peccato sia sorda come una campana ma un giorno che la vedrò seduta al sole sull'uscio aperto proverò a farle delle domande sulle grotte e sui bandoleros. 


immagini: bandoleros nelle litografie dell'epoca

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