Katmandu |
La notizia del terremoto con conseguenze tragiche e devastanti mi ha molto scossa, un dolore grande e profondo mi accompagna da giorni alternando stati d'animo che vanno dall'inesorabile senso d'impotenza alla volontà di essere presente e in qualche modo portare un aiuto.
Sei mesi fa ero là con loro, condividendo e mangiando lo stesso cibo, respirando la stessa aria, ascoltando i loro racconti, meditando con loro intorno lo Stupa o nei Monasteri Buddisti durante le puja. Ho fotografato palazzi e templi che ora non ci sono più, cancellati in una manciata di secondi, portandosi via migliaia di vite umane. Tutto in una manciata di secondi.
La vita è così, presenta i suoi colpi di scena improvvisamente, senza preavviso, non si può sapere, no, non ci è concesso.
Ancora non mi è possibile comunicare con Amir. Nella sua pagina Fb, un'amica comune ha pubblicato che è in salvo, fortunatamente, ma la quasi totale mancanza di elettricità e l'assenza di rete internet impedisce a molti in Katmandu di mettersi in contatto tramite la rete.
E' mio impegno seguire il progetto di scolarizzazione dei tre bambini napalesi il più possibile da vicino non appena riuscirò a mettermi in contatto con Amir.
Patan |
Data la tragicità della situazione, in cui i bisogni primari sono le cura mediche ai feriti, il recupero e la cremazione dei morti, l'allestimento di tendopoli, portare acqua e cibo e assistenza medica ai villaggi remoti sulle montagne, e altre urgenze che richiedono mezzi, competenze e coordinamento, credo sia bene aspettare a mandare il nostro eventuale e ulteriore contributo solidale. Aspettare che le emergenze siano gestite dalle grosse organizzazioni mondiali, da chi ha importanti mezzi e strutture adeguate. Altrimenti il rischio è di disperdere energie e denaro, nell'impossibilità ora di un nostro adeguato controllo. Successivamente a questa prima fase critica in cui necessitano aiuti umanitari straordinari, sarà sicuramente più facile per noi individuare dove e come destinare eventuali nuove risorse.
Katmandu |
Porgendo a tutti un cordiale saluto vi lascio con una riflessione che trascende quanto sta avvenendo ora in Nepal, collegandoci tutti allo stato di impermanenza:
La Vita non ci deve nulla, siamo noi che dobbiamo tutto alla Vita, meglio prendercene cura, qui e ora, con presenza e amore e rispetto, non aspettiamo domani che il domani potrebbe non esserci.
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